Sensibilizzare sì, cercare il pietismo no

In un Paese come il nostro, dove la cultura delle disabilità è purtroppo risalente ad epoche antichissime, il confine tra sensibilizzazione e ridicole ricerche di pietismo, elemosine o chiamatele come vi pare, è veramente molto ma molto sottile.

Mi capita spesso di vedere e sentire persone animate da buoni propositi sicuramente, anche se non sempre, volenterose di operare nel sociale, di impegnarsi in campagne di sensibilizzazione per far conoscere determinate situazioni, ma come sempre non è tutto oro quel che luccica.

Sensibilizzare è importante fintanto che si rende un’immagine realistica di quel che si vuol far conoscere… Ogni eccedenza in questo senso, il più delle volte è animata dalla ridicola ricerca di pietismo o peggio ancora lo si fa con l’intenzione di sfruttare i sentimenti degli interlocutori, per spingerli ad offrire il loro contributo economico, insomma… Per soldi.

Ecco, sensibilizzare per trarne un profitto è un’odiosa pratica all’italiana, che personalmente trovo letteralmente schifosa. E poi ci lamentiamo della cattiva informazione? Che nel 2017 ancora ci si senta chiedere cose come “ma tu come fai ad usare lo smartphone?”

Nessuno nasce “imparato”, figuriamoci se l’approcciare ad una tematica come quella disabilità, possa esser “digerita” così semplicemente da tutti. Non siamo ipocriti, non è e non potrà mai essere così, pretendere questo sarebbe sciocco…. Ma pretendere che chi si adopera nel  sensibilizzare, lo faccia con il giusto spirito, questo sì, questo dev’essere un concreto obiettivo di ogni persona i cui interessi vengano in qualche modo lesi dal furbetto di turno che intenda guadagnare sulla dignità degli altri.

 

Se ancora oggi molti si pongono nei confronti di un disabile nelle due modalità… Genio da ammirare o poverino da compatire, la colpa è di tutti coloro che direttamente o indirettamente hanno dato un’immagine distorta di come stiano realmente le cose.

Quando è che la normalità sarà la “modalità persona”? Stop, solo persona, da apprezzare o meno come chiunque altro, con i propri pregi e difetti.

Vedere un disabile come una persona normalissima, non significa non avere coscienza delle diffoltà che questo possa incontrare nella vita di tutti i giorni, ma significa rispettarne la dignità di uomo o donna che sia, senza umiliarlo con la propria pietà ne con la propria “adulazione” senza criterio.

 

Qui sembra che il disabile visto in modalità genio sia un inesauribile fonte di pregi senza difetto alcuno, mentre il poverino di turno debba convivere con il difetto universale di esistere. Ma vi rendete conto della bestialità di tutto questo? Non è umano considerare qualcuno “normale” più o meno di altri, proporzionalmente alle difficoltà che incontra nel quotidiano.

Ognuno è “normale” nella sua diversità, nella sua complessità, nei suoi modi più o meno efficaci di affrontare le difficoltà, tante o poche che siano.

 

E allora, venendo al mio caso, nello specifico, di disabile visivo… La diversa abilità di un cieco è una forma, un modo diverso appunto di fare tutto quel che chiunque fa nella propria quotidianità, con qualche difficoltà in più sotto certi aspetti e in meno per altri versi.

Non starò adesso a dilungarmi troppo sul concetto di disabilità, ma quello che mi premeva era un messaggio ben preciso… Sensibilizzare sì, impietosire no, quando questo sarà chiaro a tutti, forse si potrà cominciare il cammino verso un’informazione pulita e una cultura serena delle disabilità

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