A braccetto con la follia

Oggi inauguriamo anche questa sezione del blog dedicata ad episodi divertenti che mi piace condividere con voi, successi chiaramente a me e credetemi che non sono ne saranno pochi 🙂
Nella vita di un cieco c’è una sorta di variabile, una scheggia impazzita che è rappresentata dalla completa imprevedibilità di quel che accade o possa accadere quando ci si trova ad avere a che fare con l’ambiente esterno che ci circonda. Tra ostacoli, difficoltà di vario tipo, persone “travestite” da buon samaritano o crocerossine pronte ad intervenire nemmeno fossimo vittime esanimi di chissà quale tremendo incidente… Eppure no, vivi e vegeti come se nulla fosse, nel più normale del passeggiare come chiunque altro, noi ciechi, oddio quanto è brutto detto così, ma mi capirete, ogni giorno dobbiamo scontrarci con atteggiamenti tra il ridicolo e il pressante da parte dei purtroppo ancora tanti, che al solo vedere di una disabilità, perdono ogni tipo di raziocinio, cedendo il passo ad impulsivi gesti che definire invasivi a volte credetemi è davvero poco.
Così, in una calda giornata d’estate, come direbbe un ben più serio poeta, uscito dalla metropolitana e intento a cercare la strada che mi portasse al bus navetta, mi imbatto nella “follia” con le vesti di donna. Una ragazza, sulla ventina anno più, anno meno (ebbene sì, anche un cieco può stimare l’età di una persona)… Questa, con fare apparentemente gentile, mi si affianca e con una mossa degna del miglior wrestler, si avvinghia letteralmente al mio braccio, offrendomi la sua disponibilità per raggiungere la navetta, o almeno così credevo… Salite le scale per arrivare su strada, questa invece comincia a rivolgersi a me con frasi sconnesse, implorandomi di avere fiudcia verso di lei… Più volte la interrompo facendole presente come il mio unico obiettivo fosse quello di raggiungere il bus navetta, perdipiù con un treno in partenza dopo tre quarti d’ora, potrete immaginare la mia fretta del momento. Arrivati davanti al bus, la delirante giovane mi trascina via dicendomi di non preoccuparmi, che lì non era possibile entrare perché il posto era troppo controllato… Ed è qui, che tra lo sgomento, la preocupazione, la curiosità e la pena, comincia il mio interrogatorio… Con un occhio però sempre al dove si andasse, un orecchio pronto a scorcere ogni tipo di possibile pericolo all’orizzonte. Nel tragitto nulla quaestio, si dimostra anzi una “guida” assillante sì, ma per lo meno efficace, il problema è tutto il resto… Comincia tutta una serie di frasi, invocazioni e inviti deliranti…Dall’avvertimento di guerre di religione imminenti, sino a presunte lotte tra papi e le mirabolanti spire di creazione di un esercito devoto a non si sa bene chi ne per fare cosa, ma tant’è. Lo sgomento aumenta, le mie domande si fanno più pressanti passo dopo passo. La mia unica preoccupazione era quella a questo punto di arrivare alla fermata successiva, come la ragazza aveva detto di voler raggiungere. Arrivati alla fermata e dopo aver più volte provato a scrollarmela di dosso, salgo sul bus convinto di esserci riuscito. Il mezzo parte, si chiudono le porte, il solito fracasso dei mezzi pubblici romani, ma tutto normale in apparenza. Invece no, lei, la follia, è lì, mi guarda e mi pressa, si avvicina e stavolta il suo fare si fa inquietante. Non è un film horror, tranquilli, ma posso assicurarvi che nelle sue intenzioni probabilmente voleva anche diventarlo, seppure lo stia racontando sorridonedone e scherzandoci, perché diciamoci la verità… Raccontarlo è divertente, ma viverlo vi assicuro lo è stato almeno quanto raccontarlo, seppure con la dovuta attenzione al che non corressi nessun rischio realistico.
Sul bus la ragazza si avvicina più volte, mi gira attorno cantando canzoni deliranti di tema religioso. Si alza in piedi e comincia a pregare al centro del mezzo, a voce alta, con un tono tra il solenne e il terrificante. Tra me e me penso che si tratti di uno scherzo, che da un momento all’altro l’opperatore tv di una qualche chendid si avvicini e dica… sei su scherzi a parte. No, invece è tutto vero. Comincio a pensare nel bus a come arrivati a destinazione, liberarmi di questa presenza che oramai di curioso in me non aveva lasciato più nulla. Le facio presente che da lì in poi avrei proseguito da solo, senza però ricevere alcuna risposta, se non un’invocazione solenne all’altissimo 🙂 Arrivo a destinazione, scendo e di lei nessuna traccia. Mi si avvicina prima di scendere dall’autobus, un signore che si offre di aiutarmi a trovare la destinazione una volta sceso dal mezzo pubblico. Probabilmente aveva assistito a tutta la scena e si era avvicinato proprio per questo.
A braccetto, proprio così, la follia si è presentata, ha portato il suo nome e cercato in ogni modo di avvicinarsi a me, senza considerare però che nel tempo, di matti travestiti da buon samaritano o col camice da crocerossine, ne abbia visti fin troppi. Stavolta è stato diverso, più pressante del solito, ma capita anche questo. Questo significa muoversi da soli in una metropoli come Roma con un bastone bianco in mano o la guida di un fedele cane. Questo significa convivere con gli occhi addosso di persone che nella maggior parte dei casi non sanno come approcciare la disabilità, visiva nel mio caso ed oggi, dopo anni e anni, questo lo si racconta sul blog col sorriso stampato a trentadue denti, ma per un ragazzo alle prime esperienze di spostamento in autonomia, questa mancanza di cultura e informazione può apparire realmente pressante, influenzandolo negativamente in scelte che quando ci si sposta da soli con ausili come quelli descritti sopra, devono essere rapide, efficaci e soprattutto lucide e precise.
La follia è arrivata a braccetto, ma il panico se lo è tenuto per sé 🙂

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